Dopo qualche anno lo incrociai sul treno: “Mary, giuro che non le faccio più quelle cose”. Gli risposi “Lo so”, perché mi parevano assurde.
Dopo qualche anno lo incrociai sul treno: “Mary, giuro che non le faccio più quelle cose”. Gli risposi “Lo so”, perché mi parevano assurde.
Le cose belle che ho
per ora sono me,
le mie giornate lente,
i miei momenti soli,
una matassa di capelli,
una collezione di smalti,
il caffè del pomeriggio,
il Sole dalla finestra,
un gatto senza coda,
la gentilezza, un pianoforte,
gli spartiti di Venditti anni ’70
un padre buono, una madre forte,
un viso dolce, degli occhi stanchi,
la mia serietà e un po’ di speranza,
i giochi che faccio con le parole,
le mie canzoni, come cartoline,
una collezione di guide di viaggio,
i viaggi che ho fatto,
un chitarrista, forse due,
un profumo preferito,
il ricordo di un profumo,
Roma quand’è er tramonto,
con i viali di foglie,
la mia collezione di gialli,
il film sotto le coperte,
un sogno vago,
delle braccia stanche,
una testa fumosa,
un puzzle da finire,
qualcosa da aspettare.
M.
Quando mi sento la tua soluzione, l’unica possibile.
Quando non sei felice, se non con me.
Quando mi fai capire che non sai starci senza di me.
Quando è tanto desiderio, al punto che fa male.
Quando è tanto amore, al punto che mi ferisci.
Quando è gratitudine, cercata e ricambiata.
Quando dove vado, io, senza di te?
Quando, ma che credo di fare?
Quando dovrei sentirmi fortunata.
Quando mi sento ingrata, per il punto di cui sopra.
Quando le mie Scelte, sono patologie.
Quando le tue patologie, sono conseguenze delle mie Scelte.
Quando non ti senti alla mia altezza.
Quando per contro, mi abbassi alla tua.
Quando cerchi nella colpa il legame.
Quando hai paura di quello che penso, perché deve funzionare.
Quando deve funzionare, senza chiederti chi sono. O chi sono diventata.
Quando ignori i tuoi gusti e i miei, per conservare noi.
Quando i miei problemi diventano i tuoi.
Quando io si che vivo per te.
Quando io sono ingenua e il mondo mi mangia, corollario: mi sei necessario.
Allora io, ecco, mi dispiace tanto, davvero. Niente di personale, ma se non ti dispiace, raccolgo un attimo le mie cose e vado via.
C’è una cosa, figlia di tante cose più piccole e nuove, segrete, che non so come semplificare, né calare nelle parole, senza farti torto. E c’è un ricordo, che ripasso prima e dopo i pasti, per conservarne i particolari e non lasciarlo andare. Neanche l’odore, ché poi è il tuo e che non conoscevo, prima di allora. Ecco, vedi. Quell’odore vorrei chiederti da dove viene e come si chiama, perché ti sta bene e mi pare ti somigli e volevo dirti che sa di raccoglimento e incenso e di sesso lento e meditato. Poi ci sento un bicchiere di vino e mi domando se baci, quando ce l’hai sulle labbra e se lo fai apposta. Il tuo profumo è una foto scura, la polvere che fa il velluto e un silenzio al buio. E ti inchiodo a quel buio, a cercare la tensione di una fronte contro l’altra e a conservare tutto nell’attesa del chissà poi se. Vedi, c’è questa idea della tua eleganza, che è sottrazione di tutte le cose, dei baci non dati e del tempo che mi hai regalato e questa idea mi calma, mi fa bambina e mi proietta donna e tutto quello che c’è stato lì in mezzo ero io, scandita da quattro ore, annidata tra i tuoi capelli, di cui non conosco gli anni, ma di cui ho imparato le pieghe a memoria. Mi sono scontrata col tuo sorriso buono e t’ho percorso dalle punte alle radici, sfacciata. Ora ti cerco e lo faccio ancora. Vedi, c’è una cosa che c’era in quel quartiere, che era un occhio di bue sui nostri desideri e la tensione a farli durare e c’era il tuo naso nella tua faccia, con sopra un paio d’occhi, che mi hai prestato per ore e io lo sapevo, così mi ci sono adagiata. Poi c’è stato il ritorno e tutte le idee che sono corsa indietro a recuperare e quella canzone con cui mi sveglio la mattina e che sono pronta a canticchiarti, perché per adesso non se ne va. E sono tutti in fila i tuoi racconti di cui vado fiera, ora, essere anche i miei. Poi c’è stato il ritorno, dicevo e se mi cerchi, sono quella che fa la strada al contrario, per chiederti un bis.
Se ti dicessi
quanto t’ho aspettato
e che ho lasciato andare
le persone, che non erano te,
quand’ancora non ti conoscevo;
mi crederesti pazza
e io mi rassegnerei a guardarti
andare lontano, salvo poi,
vederti tornare con una lista di cose
da fare e di viaggi da recuperare.
M.
Coppia di amanti in un piccolo caffè, Brassai
Quando verrai, per me
cammineremo per le strade di Roma
con passi insolenti
su tappeti di foglie.
L’arancio ci splenderà in viso,
e la voglia di fare l’amore
la sentiremo forte
in un bacio umido,
nella mano sul fianco.
Gireremo tra le piccole botteghe,
di pasta e delizie
aspettando il Natale che arriva,
la gioia serena, di un inverno
diverso.
Ci stringeremo le mani nel freddo
guardando divertiti,
i passanti annoiati:
che ne sanno loro,
delle nostre mani e della
carne stretta,
sotto le lenzuola
fino a poco prima?
Ci faremo più umani
e faremo l’amore
senza dimostrarci niente,
e mangeremo, rideremo come viene,
e faremo ancora all’amore.
Viaggeremo tanto,
che il mondo con te
è diverso,
e va visto da capo.
Si fa tutto più umano.
Ci ameremo liberi,
da colpe e pentimenti,
ci ameremo come viene,
ché come gli altri
ci hanno insegnato,
non va bene
per due come noi.
O air: The best is yet to come, Frank Sinatra.
Non mi piace dividere le cose
il dolce nel piatto,
soprattutto se è un tiramisu.
Poi penso a un elenco sterminato di cose
e mi vieni in mente solo tu.
Non mi piace dividere te e il tiramisu.
Preferisco farne a meno.
Sai, se non altro, per quella faccenda
che non voglio abituarmi ai tuoi abbracci,
a svegliarci di notte per fare l’amore,
a fare colazione al bar sotto casa,
la mattina, a mangiare davanti la tv,
a litigare, a spaventarci, a calmarci,
ad averti intorno, mentre prepariamo la cena
a uscire con i nostri amici
a stringerci quando fa freddo,
a tenerci le mani al cinema,
ai tuoi baci sulle dita.
Ecco, è per tutte queste questioni,
che non voglio dividere
che, in ultima analisi, ho deciso
di farne a meno.
M.