Polpettine di pesce al profumodilimoni con salsa al curry

dicembre 29, 2011

Ci risiamo, si avvicina un altro week end di mangiate! Vi avevo promesso delle foto al menu, ma la mia mamma, tecnologica quanto un selcio, ha ben pensato di curiosare nella macchinetta fotografica. Risultato: scheda andata o macchinetta bloccata, ancora non si è ben capito. Io non sono molto diversa, nel senso che faccio fatica ad accogliere le novità, però come si dice: la necessità aguzza l’ ingegno. Mi sono ricordata di avere un cellulare ipertecnologico da qualche parte e così l’ ho riesumato per fare le mie benedette foto alle mie tanto care ricette di cucina.

Stavolta si tratta di polpettine. Molto semplici, come tutto quello che faccio io, però buonissime e profumate! Una cosa che noterete è che non sempre scrivo le dosi e questo è uno di quei casi, perché vado a occhio con le ricette nuove e “svuotafrigo”. Pertanto, confido nella vostra esperienza di polpettari, parlando di “giuste consistenze”. Un’ altra cosa: usate le mani. Impastate, impastrugliate con le  mani. Sono il miglior attrezzo da cucina di cui possiate disporre. Se siete schifiltosi e non avete fiducia nel potere pulente del vostro Sgrassatutto(purel’ossa), indossate i guantini in lattice! Ecco a voi le mie…

Polpette  di pesce al profumo di limone

Mollica di pane raffermo (ho usato la mollica di quattro fette di pane casareccio da un cm)

Acqua q.b. per ammorbidirlo

Pesce (es. Filetti di cernia, filetti di merluzzo) precedentemente lessato in acqua con sedano, cipollotto e carota

Vongole (un etto di sgusciate basta)

Gamberi scottati ( sei o qualcuno in più, se vi piace)

Due uova

Prezzemolo Tritato Finemente (due cucchiai)

Spicchio d’ aglio

Sale

Pepe macinato fresco

Scorza* di limone

Pan grattato

Olio di semi per friggere

*Più precisamente nella ricetta dovrete usare lo  zeste (si legge “zest”) del limone: è la scorza degli agrumi, privata della parte bianca e amara.

  • Prendete una bella insalatiera capiente. Ammorbidite la mollica con l’ acqua. Stringetela con le mani per farla diventare un impasto omogeneo.
  • Preparate la parte di pesce: scolate dal brodo i filetti precedentemente spinati. Pulite le vongole e sgusciate i gamberi scottati. Tritate finemente il tutto con un coltello e mescolate per bene. Lasciate freddare un po’.
  • Unite il pesce al pane e aggiungete al composto, che a questo punto non sarà bollente: due uova (usatele sempre a temperatura ambiente!) per legare, prezzemolo, un pizzico di sale, aglio finemente tritato, pepe macinato fresco e cosa più importante: la scorza profumata di due bei limoni biologici (solo la parte gialla!).
  • Amalgamate l’ impasto e lasciate riposare in frigo per venti minuti, mezz’ ora.
  • Fatene delle polpettine (se vi piacciono di più, schiacciatele a formare dei dischetti) e friggete in caldissimo olio di semi!
Bene, ve le presento!!!

Foto di Salinaversosud

Foto di Salinaversosud

Foto di Salinaversosud

Io non l’ ho preparata, ma se volete per cambiare, ci sta benissimo una salsa al curry  per dare un twist a un piatto tutto sommato, diffuso!

Salsa al curry a modo mio

Due cucchiaini di curry

Mezza cipolla tagliata finemente

Due cucchiai di farina

Due cucchiai di panna da cucina

Sale e Pepe

  • Sciogliete in un goccio di acqua due cucchiaini di curry. A parte fate soffriggere una cipolla tagliata finemente in un po’ d’ olio.
  • Quando la cipolla è imbiondita, unite (sempre a fuoco dolce), un paio di cucchiai di farina. Mescolate ricavandone una crema omogenea.
  • Bagnate con il vino bianco e continuate a cuocere. Unite il curry sciolto nell’ acqua (pochissima, se sono due cucchiaini di curry, ve ne basta un dito in una tazzina da caffè) il sale e il pepe.
  • Continuate a fuoco dolce per qualche minuto. Togliete dal fuoco e passate al setaccio.
  • Unite la panna da cucina (un paio di cucchiai) quando il composto è ancora caldo e mescolate bene.

Questa salsa è fantastica per arricchire carni lesse e pesci in bianco!

Bene! Ora di corsa sotto la doccia che dopo una giornata di studio, mi aspetta una serata relax! Un bacio a tutti! A presto cucinieri!


Sei aria rotonda

dicembre 28, 2011
Christmas

foto dal web

Ok, lo ammetto, il tentativo delle foto è fallito miseramente. In compenso, tra tesi, esami e le lezioni che impartisco, sono riuscita a portare a termine un obiettivo: per la prima volta dopo anni, anni e anni, ho deciso di partecipare ad un concorso di letteratura. Sulla dicitura del concorso c’ è scritto “Internazionale”, quindi fa un certo effetto! La verità è che sono felicissima! Dovevo scegliere se partecipare nella categoria poesia e/o narrativa. Io ho scelto “Poesia” e sto! Serviva un argomento libero, ma che le raccogliesse tutte. Non ho avuto dubbi e ho chiamato la mia mini-raccolta (sono 22 pezzi): “Storia d’ una rinascita”. Così, si susseguono l’ una dopo l’ altra. Le ho fatte stampare e prima di inviare la copia, le ho ordinate secondo una logica ben precisa. Leggendole una dopo l’ altra effettivamente, disegnano un percorso. Sono contenta del lavoro che ho fatto. Questa già sa di vita. E’ tra le ultime non a caso. Torno ai miei compiti ora, nel mentre, voi  siate clementi!

Sei aria rotonda

che dal basso

poggia sulle mie reni

e solleva i miei passi.

Sei palmo che accoglie

l’ arco di luna nuova

che disegnano le mie piante,

quando sposano la terra.

Sei terra ricca

di spunto ed eccezioni

la sensualità d’ un momento

il coraggio disperato

d’ una timida speranza.

Sei la curiosità battente bandiera

sulla mia immaginazione,

sei un profumo, una città,

un’ odore, sei sapore.

(Marianna)


Qualcosa è cambiato

dicembre 23, 2011

E’ una domanda, no, di più: una speranza. Dialogo e scena tratti dal film. Che le cose per voi, possano cambiare sempre in meglio. Buon Natale, Marianna.

ps. mi sono attrezzata con la macchinetta per fotografarvi tutto il menu!!! A presto allora!

– Melvin: Io non capisco questo posto, mi hanno fatto comprare un abito nuovo e tu sei entrata con una specie di vestaglia. Non capisco…
[Carol si alza offesa dalla sedia]
– Melvin: Che c’è? Aspetta! No, no: ferma! Perché? Che c’è? Perché? Insomma… ah… io non intendevo in quel senso, andiamo, rimettiti seduta, puoi sempre fulminarmi con lo sguardo, però fallo da seduta.
– Carol: Fammi un complimento Melvin, ne ho bisogno, presto. Tu non hai idea di quanto mi abbia ferito quello che mi hai appena detto.
– Melvin: Nel microsecondo in cui qualcuno si accorge di avere bisogno di te, minaccia di andarsene.
– Carol: Un complimento è una cosa carina detta a proposito di un’altra persona.
– Melvin: No…
– Carol: Adesso o mai più!
– Melvin: Ok! “(Melvin fa segno a Carol con la mano di sedersi, Carol si siede)
– Carol: … e devi crederci!
– Melvin: … possiamo ordinare prima?
– Carol: … ok.
– Melvin: [Si guarda intorno] Eh…” (ad alta voce a un cameriere che stava ad un altro tavolo) “due porzioni di granchi col guscio, un boccale di birra gelata, eh…” (a bassa voce a Carol) “patate al forno o fritte?
– Carol: [A bassa voce] … fritte!” (Più forte)”… fritte!
– Melvin: [Sempre al cameriere, ad alta voce] Patate al forno e fritte.
– Cameriere: … lo dico al suo cameriere.
– Melvin: [A Carol] … il mio cameriere… ok, allora, adesso sto per farti un gran bel complimento, ed è la verità.
– Carol: Ho tanta paura che dirai qualcosa di orribile.
– Melvin: Non essere così pessimista, non è nel tuo stile. Ok… te lo dico… Faccio sicuramente un errore. Diciamo che io ho… cos’è? Un disturbo?… il mio dottore, uno psicoanalista dal quale andavo sempre, dice che nel 50-60% dei casi una pillola può aiutare molto. Io odio le pillole, roba molto pericolosa le pillole, odio. Bada bene uso la parola ‘odiò apposta, quando parlo di pillole. Odio! Il mio complimento è che quella sera che sei venuta da me e mi hai detto che non avresti mai… beh, insomma, tu c’eri quella sera e lo sai, quello che hai detto. Beh, il mio complimento per te è che… la mattina dopo, ho cominciato a prendere le pillole.
– Carol: … non capisco come possa essere un complimento per me.
– Melvin: … mi fai venire voglia di essere un uomo migliore.


Il mio regalo per me

dicembre 20, 2011

Oggi è martedì 20 Dicembre. Tra pochi giorni sarà Natale e con tutta onestà, senza vergogna, credo proprio sarà uno dei più brutti e aridi che ricordi. Forse esagero, forse Fromm ha ragione:

‎”Siamo opulenti, ma ignoriamo le gioie della vita. Siamo più ricchi, ma meno liberi. Consumiamo di più, ma siamo più vuoti. Abbiamo più armi atomiche, ma siamo più indifesi. Abbiamo più istruzione, ma minor giudizio critico e minori certezze. Abbiamo più religione, ma diventiamo sempre più materialisti”. (Erich Fromm, psicoanalista e sociologo tedesco)

…eppure io non ho mai chiesto nulla di materiale. Mai una borsa, mai un gioiello, un giocattolo, mai. Mamma racconta sempre che io e mia sorella eravamo felicissime quando papà ci portava un nuovo ciuccio, o una sciocchezza. Era l’ idea della sorpresa, del gesto inaspettato, di un pensiero pensato per te. Non abbiamo mai chiesto, mai fatto capricci davanti una vetrina. Io poi, non impazzivo per i giocattoli. Avevo le mie bambole, tutte rigorosamente membri della famiglia, le vestivo, ritagliavo pezzi di stoffa e glieli legavo addosso con uno sciantosissimo spago-cinta. Alla fine sembravano sacchetti di lavanda per profumare i cassetti, ma tant’ è. Mi piacevano di più i trucchi per impasticciare (vedi le polpettine di formaggio con i giocattoli) e i vestiti! Una volta, mi raccontano sempre i miei, passammo davanti ad una vetrina e c’ era un completo da donna. Quando l’ ho visto, mi sono girata, ho indicato il vestito e… “Me me pace! Me mesura!” (A me piace! Voglio misurarlo!) Eppure un no, era un no. E’ per questo, forse, che davanti ai NO della vita, davanti ai rifiuti, davanti alle porte in faccia, non so insistere. Non ho mai pregato nessuno di tenermi con sé. Ho provato a spiegare le mie ragioni, a chiarire la mia posizione, ma pregato, questo mai. Arrivo fino ad un certo punto, dopodiché oltre la soglia del rifiuto non riesco. Anche io ho le mie paure, non sono un robot. Ok vedersi tutte intere, ma proprio perché sto faticando tanto, ho una paura assurda di ritrovarmi l’ anima a fetucce. Eppure per quest’ anno io il mio regalo l’ ho chiesto. Me ne sono fregata dell’ anima a stelle e strisce (si fa per dire), per accogliere altro. Vi ho parlato dell’ iniziativa di Babbo Roma e poi avevo detto che mi ero fatta un altro regalo: il tempo, il rischio, ore felici senza pensieri. Difficile da capire così, ma di più non posso dire. In altri momenti della mia vita sarei tornata millemila passi indietro. Sarei scappata a gambe levate, avrei cancellato e distrutto ogni possibile via di ritorno, ogni collegamento. Stavolta, mannaggia a me, ho deciso che sono io quella che resta. Stavolta rimango, a vedere che succede alla mia vita, se per una volta seguo il cuore (VIETATI ovvi riferimenti a Va dove ti porta il cuore).


Copia-incolla: di un pianoforte e un libro “da consultazione”

dicembre 19, 2011

Un altro post “vintage”, che oggi ringiovanire roba vecchia (è datato 13 Agosto 2011, questa estate), pare faccia figo. Non è vero: è che non ho tempo di fare un post nuovo e vi propino un copia-incolla. V’ avverto, oggi ho il cuore pesante, non ho scelto citazioni felici. Dunque, si comincia:

Sottolineo tutti i libri che leggo. Apro un libro e spesso ho alla mano gomma e matita.

Poi ci sono quei libri che una volta letti, mi porto dietro ovunque, come vangeli. Da consultazione, direbbe anobii . Un libro può essere da consultazione per svariati motivi. Libri di ricette, Signori Manuali, Libri che parlano di noi meglio di noi stessi. Uno scorre gli occhi sulla pagina e..”toh, m’ ha fregato! L’ ha detto meglio di me!” Che poi a saperla dire così bene, uno farebbe lo scrittore, vi pare? (Foto: dal web; testi: le mie citazioni preferite da L’ insostenibile leggerezza dell’ essere, Milan Kundera)

“Ma era davvero l’ amore?…Non si trattava piuttosto dell’ isteria 

di un uomo che, scoprendo nel profondo della  sua anima la propria incapacità di amare, aveva cominciato a fingere l’ amore con se stesso?  D’ altra parte, il suo subconscio era tanto vigliacco da scegliere per la sua commedia quella povera cameriera di provincia, che non aveva praticamente nessuna possibilità di entrare nella sua vita! “

“Lei cercava di vedere se stessa attraverso il proprio corpo. Per questo stava così spesso davanti allo specchio. E avendo paura di essere sorpresa dalla madre, gli sguardi che dava allo specchio avevano il marchio di un vizio segreto. Quello che l’ attirava verso lo specchio non era la vanità, bensì la meraviglia di vedere il proprio io”.

“La madre le spiegava continuamente che essere madre significava sacrificare ogni cosa. Le sue parole suonavano convincenti perché dietro c’ era l’ esperienza di una donna che aveva perso ogni cosa a causa della figlia. Tereza ascolta e crede che il valore supremo della vita sia la maternità e che la maternità e l’ incarnazione del sacrificio. E se la maternità è l’ incarnazione del Sacrificio, allora il destino di figlia è Colpa che non si potrà mai espiare”.

“La debolezza di Franz ha nome bontà. Franz non darebbe mai ordini a Sabina. Non le comanderebbe , come Tomas di poggiare a terra lo specchio e di camminarci sopra nuda. Non è che gli manchi la sensualità, quello che gli manca è la forza di dare ordini. Ci sono cose che si possono realizzare solo con la violenza. L’ amore fisico  è impensabile senza violenza”. 

“E se avesse avuto un uomo che le dava degli ordini? Un uomo che voleva dominarla? Quanto tempo l’ avrebbe sopportato? Nemmeno cinque minuti! Ne deriva che nessun uomo le andava bene. Né uno forte, né uno debole”.




Stancami

dicembre 15, 2011

“Bella,
che ci importa del mondo? Verremo perdonati, te lo dico io, da un bacio sulla bocca un giorno o l’altro. Ti sembra tutto visto, tutto già fatto, tutto quell’avvenire già avvenuto: scritto, corretto e interpretato da altri meglio che da te.  Bella, non ho mica vent’anni: ne ho molti di meno e questo vuol dire, capirai, responsabilità perciò… Volami addosso, se questo è un valzer! Volami addosso qualunque cosa sia! Abbraccia la mia giacca sotto il glicine e fammi correre! Inciampa piuttosto che tacere e domanda piuttosto che aspettare. Stancami e parlami, abbracciami, guarda dietro le mie spalle poi racconta e spiegami tutto questo tempo nuovo, che arriva con te. 

Mi vedi pulito pettinato ho proprio l’aria di un campo rifiorito e tu sei il genio scaltro della bellezza, che il tempo non sfiora. Ah, eccolo il quadro dei due vecchi pazzi, sul ciglio del prato di cicale con l’orchestra che suona fili d’erba e fisarmoniche. Ti dico: bella, che ci importa del mondo?  Stancami e parlami abbracciami fruga dentro le mie tasche poi perdonami sorridi guarda questo tempo che arriva con te guarda quanto tempo arriva con te”.

(Ivano Fossati)

L' isola del vento

Foto di Salinaversosud

Che dire? Vi auguro il coraggio di essere felici!

Poche parole anche oggi, poi subito sui libri, che stasera assaggerò una cosa che non ho mai mangiato in vita mia: la paella!

Sono così curiosa! Ah, a proposito di cibo, distraiamoci un attimo dai pensieri tristi. L’ altro giorno ho condito delle oratine al cartoccio, a dire la verità pure inventando un po’. Però sono piaciute talmente tanto, che mia madre me le ha chieste per il giorno di Natale! Quindi tra le altre cose, mangeremo anche le mie

Orate al cartoccio mediterraneo 

  • Tre orate
  • Una dozzina di pomodorini pachino
  • Due spicchi d’ aglio
  • 4 alici sott’ olio
  • olio evo
  • pizzico (micragnoso) di sale
  • una bella manciata di pinoli tostati (mio papà li ha raccolti e sbucciati personalmente)
  • vino bianco
  • olive nere
  • pepe nero
  • scorza grattugiata di un’ arancia
  • capperi (in casa ho quelli minuscoli della Puglia, sono saporitissimi, ne bastano uno o due cucchiaini)
  • basta, credo!

Vi preparate i vostri bei tre cartocci disponendo un filo d’ olio sul foglio di alluminio (metto anche la carta da forno per non farlo attaccare) e adagiatevi sopra l’ orata (ovviamente già spanciata e squamata). Io i cartocci li preferisco sempre singoli: viene tutto più saporito! Lavate i pomodorini pachino e tagliateli a piccoli dadini. Se disponete di datterini, anche quelli vanno bene, forse meglio, essendo questi ultimi meno succosi e rilasciando meno liquidi. Comunque, in quel momento ho aperto il frigo e ho preso quello che ho visto. Mondate anche le olive nere e unitele ai pomodorini in una ciotola. Aggiungete un pizzico di sale (tenendo conto che nella ricetta ci sono anche le alici), pepe e un filo d’ olio. Lasciate riposare a temperatura ambiente.

A parte in un mortaio, mettete 4 alici, due spicchi d’ aglio finemente tritati, il cucchiaino di capperi  un filo d’ olio per emulsionare, la scorza di un’ arancia. Pestate bene, fino ad ottenere una salsa. L’ aglio e le alici si devono squagliare.

Unite questa salsa ai pomodori e mescolate tutto insieme il composto.

Tornate al pesce che avete adagiato sul foglio. Ripartite il condimento tra i tre pesci e distribuitevelo sopra, ai lati e in pancia, aiutandovi con un cucchiaio. Con il foglio di alluminio che poi chiuderete, create una specie di cocottina, alzando i lembi. In questo modo non scapperà via il condimento.  Prendete i pinoli e stendeteli sopra al pesce condito, a vostro piacimento. Aggiustate di sale e pepe se lo ritenete necessario. Ora chiudete i cartocci e infornate per 25-30 minuti  a 170°. Un filo d’ olio a crudo sul piatto e sto! Non c’ è bisogno di salse di accompagnamento, in quanto quando aprirete il cartoccio si presenterà già ricco di sapori. Potrete invece preparare a parte dei crostini di pane, in quanto il condimento lascerà quel sughetto che sulle bruschettine croccanti, ci sta benissimo!

Dunque, la foto è presa dal web, ma non mi sono inventata niente di nuovo! E’ giusto per rendere l’ idea! Mi attrezzerò presto, per caricare le mie personali!

Caspita! Mi sono fatta prendere la mano! Quando parlo di cucina non capisco più niente! A lavoro adesso! E stasera paella!


Ripresentarsi a sé stessi, rinascite.

dicembre 13, 2011

Forse non si dovrebbe andare a trovare una ragazza della quale si è stati innamorati, il giorno in cui stanno per tagliarle i seni. Se non altro per propria difesa. Ma io non avevo nessuna voglia di difendermi, mi ero già arreso. E così ci andai. L’ aspettai nel corridoio prima delle sale operatorie, dove li fanno sostare per qualche minuto in attesa del loro turno. Arrivò sul lettino con le ruote, sul viso aveva l’ allegria innocente della pre-anestesia, che credo dia una commozione senza consapevolezza. Aveva gli occhi lustri e io le strinsi la mano. Le restava la paura, ma ottusa dalla chimica, lo capii. Dovevo dirle qualcosa? Avrei voluto dirle: Maddalena, sono sempre stato innamorato di te, chissà perché non sono mai riuscito a dirtelo prima. Ma non si può dire una cosa del genere a una ragazza che sta entrando in una sala operatoria per un’ operazione come quella. […] volevo proprio andare dal chirurgo e dirgli di non buttarli nell’ inceneritore, quei seni, di darli a me perché li volevo conservare, e anche se dentro erano malati non me ne importava niente, perché tanto c’ è sempre una malattia dentro tutti noi, e io a quei seni gli volevo bene…

(Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, 1985)

Rosso

Foto di Salinaversosud

E’ uno dei brani che preferisco. Li riporto in un periodo in cui riesco a vedermi tutta intera. I miei pezzi si avvicinano. Non sono più costretta a nascondere parti di me, perché c’ è chi le vuole tutte. Io per prima. Mi sento libera e per la prima volta dopo tanto tempo, curiosa. Mi sveglio con la curiosità di sapere che mi accadrà oggi (con tutto che mi rinchiudo in casa per preparare gli ultimi esami). Comincio ad apprezzare. A gustare singoli momenti, a prendermi il mio tempo, il mio spazio. Comincio a percepirmi. Se prima m’ avessero chiesto di descrivermi non avrei saputo che dire. Mi vedevo attraverso gli occhi degli altri, per questo ho sempre avuto paura dell’ abbandono. Ora non tornerei indietro, per nessun motivo al mondo e quando ieri una cara zia mi ha chiesto per telefono come andasse, le ho risposto: “Va sempre meglio!”

Voglio conservare tutto di me, godermi tutto. Rispettare tutto. Ho le mie valide ragioni e non necessariamente sono peggiori di quelle degli altri. Sono valide per me ed hanno diritto di esistere, in primo luogo perché sono le mie. Ogni cosa che c’ è in noi ha una sua funzione. La paura stessa ha una sua funzione, dobbiamo solo lavorare per non farne un limite. Conservo tutto, perché oggi più che mai sono fermamente convinta che nulla di noi meriti l’ inceneritore.


Limoni: proprietà benefiche

dicembre 10, 2011

Ci sono momenti, in cui quello che c’ è fuori neanche lo senti.  Ecco, quando questi momenti capitano a me,  non vorrei essere in nessun altro posto che lì, in quel punto, in quell’ istante. Inutile che racconti palle,  non ne vivevo uno così da tanto tempo e comunque, quando accade (mentre accade) sale severa, la paura che finisca. Mi è stata diagnosticata paura dell’ abbandono cronica, ma ci sto lavorando, seriamente intendo. Sto cercando per la prima volta dopo mesi e mesi (e mesi…), di riprendere in mano le mie cose. Ho capito che la maggior parte delle cose di cui avevo paura, si verificavano perché ero io a provocarle, perché era l’ unico modo di fare che avevo imparato. Era collaudato. Mi è stato detto che abbiamo più potere di quanto pensiamo, su quello che ci accade. Io non mi ero mai pensata così libera. Piano, piano imparo a vedermi tutta intera..non mi piace ogni singola parte, eh! Certe volte mi appiccicherei al muro da sola, però tutta insieme si e il tutto, si sa, è più della somma delle sue parti. Alle volte siamo così fortunati da incontrare un altro tutto, che riesce a restituirci pezzi di noi che non conoscevamo, o ci avevano insegnato a mettere da parte. Credo che accada quando ci si sente compresi, nel duplice significato del termine: capiti, inclusi. Ci sono dei momenti, in cui quello che c’ è fuori neanche lo senti, perché dentro c’ è così tanta roba che a malapena riesci a godertela tutta. Ci sono dei momenti in cui semplicemente lasci che nevichi.

Let it snow

Oh, the weather outside is frightful,/But the fire is so delightful,/And since we’ve no place to go,/Let it snow, let it snow, let it snow./It doesn’t show signs of stopping,/And I brought some corn for popping;/The lights are turned way down low,/Let it snow, let it snow, let it snow./When we finally say good night,/How I’ll hate going out in the storm;/But if you really hold me tight,/All the way home I’ll be warm./The fire is slowly dying,/And, my dear, we’re still good-bye-ing,/But as long as you love me so./Let it snow, let it snow, let it snow.

Lascia che nevichi

Il tempo fuori è terribile/ma il fuoco è così piacevole/e visto che non dobbiamo andare da nessuna parte/lascia che nevichi, lascia che nevichi, lascia che nevichi!/non sembra voler smettere/e io ho portato dei pop corn/le luci si stanno per spegnere/lascia che nevichi, lascia che nevichi, lascia che nevichi!/quando finalmente ci saremo detti buonanotte/non sopporterò l’idea di dover uscire con questa tempesta/ma se davvero mi stringerai forte/nella strada verso casa mi sentirò al caldo/il fuoco sta lentamente spegnendosi/e, tesoro, ci stiamo ancora dando i saluti/ma finchè mi amerai in questo modo/lascia che nevichi, lascia che nevichi, lascia che nevichi!


Christmas gifts

dicembre 6, 2011

Voi cosa vi regalate per Natale? Quest’ anno mi sono promessa di trattarmi bene e di scartare qualcosa di speciale…di uno dei due pensieri che mi sono concessa, ve ne parlo qui.

Dunque, il caso ha voluto che venissi a conoscenza dell’ iniziativa di Babbo Roma:

“La mega-raccolta di regali di Natale per i bambini ricoverati negli ospedali di Roma”.

Io onestamente non credo ci sia nulla di più appagante per me.

Sono di corsa e non riesco ad aggiungere immagini, però qui sotto c’ è il link con la locandina, non si sa mai!

A prestissimo, grazie per l’ attenzione!

Babbo Roma


Di barrette ai lamponi, fashion victim e marce turche

dicembre 1, 2011

Ieri sera sono andata a trovare un’ amica. Abbiamo cenato insieme e abbiamo cominciato a vedere Il Diavolo Veste Prada, opera immancabile nella cineteca d’ ogni fashion victim che si rispetti. Io non lo sono e infatti il film l’ ho visto con un’ altra ottica: m’ ha dato terribilmente ai nervi che il fidanzato l’ abbia lasciata perché troppo impegnata ad inseguire il suo sogno. Diciamo che in generale, mi danno ai nervi tutte le persone (non parlo sono di Mondo Maschio) che hanno bisogno di tarpare le ali a chi hanno vicino, per tenerselo stretto. Mi auguro qualcuno orgoglioso di me, di quello che faccio e di come sono. Per parlare di cose belle, tra una scena e l’ altra ci siamo messe a cucinare: è una cosa che piace fare a entrambe! Abbiamo preparato due dolci per la festa del compleanno del papà, che si terrà stasera. Trattasi di: barrette ai lamponi

(una sorta di torta sbriciolona, con pezzi e composta di lamponi, o altro frutto)

Vi riporto la ricetta che abbiamo preso dal libro.

Barrette di lamponi:

300 g farina

150 g zucchero

100 g noci sgusciate

75 g burro morbido

1 uovo

1 pizzico sale

1-2 cucchiai latte, se necessario

200 g confettura di lamponi o a piacere (preferibilmente fatta in casa e con pezzi di frutta)

Amalgamate in un recipiente la farina setacciata, lo zucchero, il burro, l’ uovo, le noci sgusciate e tritate, un pizzico di sale. E’ bene che gli ingredienti non siano freddi di frigo. Usateli a temperatura ambiente e lavorate il burro a forchetta prima di metterlo nell’ impasto, non fondetelo sulla fiamma. Quindi, usare tutti gli ingredienti tranne la confettura, per ottenere un impasto. Se lo ritenete necessario (io l’ ho fatto) aggiungete uno o due cucchiai di latte. Non deve venire appiccicoso, né secco. Imburrate e infarinate una teglia (io ne ho usata una piccolissima)

Dividete l’ impasto in due parti. Stendete con le mani una parte nella teglia per fare la base. Cospargetela di confettura, e poi disponete l’ altra parte a mucchietti, aiutandovi  con un cucchiaio e un bicchiere d’ acqua (come si fa con il gelato!) piccoli mucchietti, che sembrino briciole! E’ importante ricoprire tutta la confettura! Infornate per circa 180°, fino a cottura. 

tirate fuori, lasciate freddare, tagliatela in dadoni di pochi cm ciascuno, impiattate e cospargete di zucchero a velo, magari insieme ad una salsa di cioccolato fondente, che disporrete nel piattino a parte. 

Ecco fatto! Ora, qui di seguito vi tocca un’ altra delle mie passioni, oltre la cucina: il pianoforte!!! Ho cominciato a studiarlo da bambina con diffidenza ed ora è un compagno inseparabile, felice punto di incontro della sensibilità più mia. Così quando è stata posta la questione: è possibile amare davvero uno strumento?! Ho risposto con un post nel blog privato, che riporto qui:

5-2-3-1-4 (del 22/08/2010)

(Mozart, Marcia alla turca, dalla Sonata in La, K.331; per pianoforte, Ed Ricordi)