E’ tutta tua la sorpresa
di bambino davanti al suo regalo.
L’ entusiasmo delle grandi scoperte,
la soggezione plumbea
di Luna gatta,
d’arancio e d’amianto.
E’ tua l’ ironia affilata,
che covi calda in pancia
le notti alla finestra
di zenzero e cannella.
C’ affetti le cose, sottili,
poi ci misuri le nuvole
e le distanze.
Povero scemo!
Non sai che per me
è carezza di rosa.
Arrenditi,
perché voglio tutto quel che hai.
I tuoi fantasmi,
le tue disperazioni.
E vieni qui,
posale sulla mia mano.
Le mostrerò orgogliosa al mondo,
ché da tanto orrore
nacque siffatta Meraviglia.
The Administration of Justice, Jack Vettriano.
Presto vi racconterò della presentazione che c’è stata ieri a Roma.
Ho un sacco di belle novità!
Giovedì. Ultimo giorno di vacanze.
Ne ho approfittato per andare a prendere la laurea formato pergamena. Di quelle che si attaccano negli uffici, per capirci! Ad essere precisa, ho a mia volta approfittato della scusa della pergamena per portare a spasso per le strade di Roma assolata, il rossetto rosso che tanto ieri mi andava di indossare. Roma: alla disperata ricerca della Lush (cosmetici fatti a mano, n.d.r.). Almeno quattro punti vendita in città e di questi io ho deciso saggiamente di scegliere il secondo che compariva in elenco: un vicolo a un angolo di Via Frattina. Ma non è come sembra. Voglio dire, non ho preventivamente coperto gli occhi con una mano e lasciato cadere l’indice dell’altra sul foglio, così. Alla cieca. Come Dea Fortuna comanda! Sono donna: posso avere mille motivi per fare una stessa cosa. Il mio cervello, quando (e solo quando) cerca di ripulirsi la coscienza, si fa multitasking: perché noi donne ottimizziamo! L’ottimizzazione del tempo, ovvero: acquisti non necessari, chilometri di suola consumati, sballottamenti da un angolo all’altro della città. Delle pazze, ma pur sempre sotto la nobile egida dell’ottimizzazione. Per dire: a via Frattina c’è FreyWille. Allora. Questa è una cosa tanto poetica quanto frivola. Ma io del mio lato frivolo a oggi sono schifosamente orgogliosa. Quindi vi dirò: ho deciso di farmi un regalino e ho scoperto che in centro c’è il monomarca. Niente bracciali. Niente collane. Un anello. Da me a me. Tra me e me. Dalle mie tasche, al mio dito. (Vi avevo avvertito che la questione era frivola: ho l’ascendente bilancia! So cosa si stanno chiedendo gli uomini: come fa questo mostro tutto rossetto e creme antirughe a scrivere quello che ho letto i giorni scorsi? Eeehhh…)
Torniamo agli acquisti. Dopo esser riuscita a trovare quel micragnoso negozio, diventato subito il mio punto vendita preferito dopo che la commessa mi ha riempito di campioncini, ho deciso di continuare il mio progetto: godermi il centro, i vicoli e ogni singolo sanpietrino della città (la solita esagerata!) Ma il destino è paraculo ed è sempre quando non vuoi quello che nottetempo cercavi con tutte le tue forze, che te lo sbatte sotto il naso a caratteri cubitali: LADUREE. “Ca**o! E’ un segno del destino!” (Li devE assaggiare, devo prenderli, ok li prendo, ok entro, presi: solita felicità che mi assale, pregustando quella altrui).
“Mi raccomando signorina, se non li mangia subito, li metta in frigo. Si conserveranno per altri due, tre giorni”. Erano le 12:30 circa. Avevo appuntamento con la segreteria alle 14:30.
Avevo appuntamento con il destinatario alle 15:45. Poi diventate 16:10. Poi 16:20.
Il frigo stava diventando un miraggio. Ma soprattutto: se ne accorgerà che non sono freschissimi?
Mi assalivano questi pensieri, quasi come le onte di vecchi e cani giganti al parco.
Si stima (o almeno così ricorda il mio cervello), che al mondo ci siano sette donne per ciascun uomo (e questo spiegherebbe molte cose). Quel giorno a occhio e croce, al parco c’erano due pastori abruzzesi per vecchio. Mi godevo il sole tenero e l’aria frizzantina, che ripescavo tra me e me i ricordi della giornata:
“Quando si è laureato?”
“Febbraio 2014”
“Quando si è laureata?”
“Gennaio 2014”
“Quand..”
“Gennaio 2014”
Arriva il mio turno: “Quando si è laureata?” “Luglio 2013!” (A bassa voce e con un po’ di vergogna). Finalmente la mia pergamena! Certo che…i soliti italiani stronzi! Tu arrivi con anticipo per essere tra i primi della fila e la fila che tu avevi mantenuto con tanta cura e sibillina prepotenza viene mescolata da caciaroni e gruppi di gnu in camicia a quadri da boscaiolo. Pfff…giovani! E non mi guardate! Non avete speranze. Non ne fate neanche una briciola!
BZZZzzz BZZZzz: “Arrivo con un po’ di ritardo.”
Accid….”Tranquillo! Non c’è problema.”
Sono comica. E sexy. Quei pastori galoppanti non sanno neanche che farsene della mia visione in rossetto e giacca di pelle. Fa niente. Basta che arrivi. I macarons stanno urlando nella busta. Arriva: “Sei in ritard…”
“Vanità, decisamente il mio peccato preferito” (Al Pacino, da L’avvocato del diavolo)
E niente, alla fine ho un libro su De André tra le mani, un diploma di laurea mancante* e briciole per non perdermi più.
Ora posso…Vi avevo già accennato della mia partecipazione ad un concorso.
Il concorso è stato indetto dalla Casa Editrice della splendida Dona Amati: Fusibilia.
All’epoca vi ho solo detto che il tema era la bellezza vista da un’angolazione diversa. Una bellezza dai risvolti non facili, non piacevoli, non frivoli. Ora posso dirvi tutto, perché ieri sono usciti i risultati del concorso. La partecipazione consisteva nell’inviare alla casa editrice un racconto dal tema: “Sono bella, ma non è colpa mia. -L’inconvenienza dell’avvenenza.”
Qui, c’è la pagina del concorso e nel dettaglio quello che ci chiedevano di fare. Riporto la citazione in incipit, il resto lo trovate nella pagina a cui vi ho appena rimandato:
“Voi siete straordinariamente bella, Aglaja Ivanovna.
Siete tanto bella che si ha paura a guardarvi.
È difficile giudicare la bellezza; non vi sono ancora preparato.
La bellezza è un enigma […] tremenda e orribile cosa!
Là gli opposti si toccano,
là vivono insieme tutte le contraddizioni!”
Fëdor Dostoevskij
Il punto è che ieri mi arriva la mail da Fusibilia e mi precipito sul sito: il mio racconto farà parte dell’antologia. Qui l’esito delle selezioni, il volume con la magnifica copertina del libro curato da Maria Carla Trapani, che riporta un’opera di Stefania Sergi: “Tacitum vivis sub pectore vulnus” e per chi fosse interessato, le modalità per prenotarlo, la data e il luogo in cui avverrà la sua presentazione.
Sono felice? Si. E fiera. Di me. E della mia storia.
Sabato sono andata a fare un regalo con un’amica e il giocattolaio tra una chiacchiera e l’altra ci ha detto che ha sentito di Modigliani a Roma. Ecco, aveva ragione. Fino al 6 Aprile, nel Museo di Palazzo Cipolla a Via del Corso c’è la mostra “Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti”. Sotto Natale Via del Corso è un incanto e credo andrò in quel periodo, ma la consiglio a tutti coloro che possono.
Invece ieri sono andata da mia sorella, che doveva comprare del vestiario un po’ pesante per una partenza imminente. Non ci andava di cucinare, siamo tornate tardi, così a fine serata leggo il mio biscotto della fortuna: “Devi sapere cosa vuoi, altrimenti devi prendere cosa viene”. Tornate a casa mi propone un film, ché i miei in confronto sono perle: “Il principe abusivo”. No, ditemi!
On air lei:
Me ne accorgo così
Da un sospiro a colazione
Non mi piace sia tu
Il centro di me
Niente mi porterò
Solo vento tra le mani
Più leggera sarò
Sospesa
Sorriderò prima di andare
Basterà un soffio e sparirò
Forse sarà pericoloso
Forse sarà la libertà
Mi guarderai e vedrai una
Eppure non sarò sola
Una novità sarà
E mi porterà
A non fermarmi mai
Non voltarmi mai
Non pentirmi mai
Solo il cielo avrò sopra di me
Solo il cielo avrò sopra di me
Ricomincio da qui
Da un’effimera illusione
Mi risveglio e ci sei
Ancora tu
Qui
Ph: Francesca Borgia, per Borgia Photography Bijoux: Dilò Bijoux
Mi fanno male le braccia,
così che mentre ti aspetto,
mi sbattono contro
le cose della vita
e io cambio
ogni giorno un po’.
Avrei voluto conoscerti
nei miei giorni migliori
con lunghi capelli
e trame d’incanto
e ciglia come farfalle
a ubriacarti di dolcezza
e miele;
Avrei voluto conoscerti,
ché ancora ero bella,
e frivola di pensieri,
così che tu ti saresti innamorato
di tutte quelle cose
di cui si innamorano i poeti;
Avrei voluto conoscerti,
quando la mia voce
era un canto leggero
e la seduzione,
un gioco pulito
tra fanciulli per bene.
Avrei voluto conoscerti
innamorata della vita,
agile, piccola
ché le cose piccole
si fanno facili da accudire.
Ma io oggi sono una montagna,
un sasso dormiente,
su un cumulo di terra.
Avvelenata con la vita
sacrificata per un po’
di libertà,
poveretta, illusa
arrabbiata con gli illusi,
impietosa con i buoni.
Regale caricatura
d’una strega
annegata di rancore.
Ed oggi si,
è un giorno triste
per innamorarsi.
Ho avuto la fortuna di partecipare a uno shooting della fotografa Francesca Borgia, per Borgia Photography.
Allieva ligia e capace, del maestro Pietro Stampeggioni, ha maturato esperienza con modelle, prestigiosi eventi sportivi nella Capitale e un progetto in cantiere, del quale per ora non posso dirvi nulla. Il suo background mutua dall’arte, dalla filosofia, dalla psicologia. Questo, capirete, dà alle sue foto tagli interessanti, a volte sensuali, a volte lancinanti e profondi. Spesso entrambi.
Sempre, il risultato di uno studio sapiente di colore, luce, espressione, composizione.
Lei non riporterebbe mai complimenti che le vengono fatti in privato, quindi ci penso io:
“…Le foto poi, hai veramente tirato fuori quella che sono io oggi e se leggessi la poesia che ho pubblicato, capiresti quanto somiglia ai tuoi scatti. Non so valutare la tecnica, ma quello che vedo in quelle foto sono io ora, con tutta la mia rabbia, il mio veleno, il mio risentimento e la voglia di giocare, una bambina nascosta nell’angolo di un sorriso in bianco e nero. Non sono foto di modella e ti ringrazio infinitamente per questo, ti ringrazio per “averci visto lungo” e non aver avuto “pretese”, per aver assecondato la mia natura e aver conservato in un atteggiamento adulto, la cosa più giovane che mi rimane: gli occhi.”
La poesia era questa qui sopra: quella che avete letto qualche giorno fa.
Per le appassionate, con gusto, i gioielli sono Dilò Bijoux.
Ne è nato un progetto tra parole e immagini. Va a capire poi dove inizi uno e dove l’altro.
“E non ho nessuna a cui raccontare le cose belle che mi accadono.
E non ho un gatto che mi s’acciambelli sulla pancia mentre
guardo la televisione e
non ho una televisione.
Aspettate primavera bambini che la stagione
dolce ritarda ed io che ti raccontavo e che ti parlavo delle cose belle che mi accadevano e tu che mi ascoltavi e – se ne va senza dirlo – sorridevi.
Eri una Monna.
Eri una Lisa.
E il tuo nome faceva rima con tutto ciò che mi piaceva in meraviglia.
E’ mai successo?
Probabilmente no.
E non ho un mangiadischi per sentire i miei dischi e non ho pantaloni degni di questo nome e metterei volentieri una gonna se mi fosse concesso
dall’imbecille società imbecille nella quale viviamo.
O se avessi del coraggio.
L’ipocrisia regna sovrana e i sovrani regnano ipocriti con il consenso nostro,
che siamo pecore siamo, e pecore moriremo.
Detto questo, il mio problema attuale non sono i sovrani, né il consenso, nemmeno le pecore,
il problema mio è che non ho nessuna a cui raccontare le cose splendide che mi accadono e per equilibrare questa mancanza assumo una quantità smodata di calorie alcoliche che con tutta l’energia che sprigiono potrei
riscaldare un ospedale, acqua calda compresa.
Non mi manchi perché non esisti.
E se mai tu un giorno mi ti palesassi, dovrai saper sorridere
non ridere
sorridere
avere
molta pazienza
e occhi
infiniti.”
“Vanità, decisamente il mio peccato preferito” (Al Pacino, L’avvocato del diavolo)
Ecco, ricordate i miei post collage con un sacco di status sconclusionati uno dietro l’altro? Ricordate quando usavo la scusa del “con le citazioni si capisce di più”, pur di non scrivere qualcosa di sana pianta e fare copia-incolla? Ecco, ora non sarà diverso, solo che si chiamano tweet e che in twitter (in cui in realtà milito da un bel po’), tutto deve essere più impegnato, grunge misto radical-chic. E così sia! Per non andare oltre, mi sembra più igienico (cit.) passare al dunque, a voi (per l’ennesima volta), le mie perle (e no, non siete porci, meraviglie mie!) da quel dì che fu la Liberazione:
E la libertà diventa una splendida bugia, quando non si hanno nemmeno i soldi per mangiare. #liberazione#liberida
Gli omosessuali da noi non possono sposarsi, però siamo liberi! #liberazione#liberida
All’università studiamo le monografie dei nostri professori per dare il loro esame e laurearci, però siamo liberi! #liberazione#liberida
Sarebbe bello se tu mi amassi.
Se tu mi chiamassi tra tre minuti esatti.
Se ti arrabbiassi a vedermi parlare con un altro.
Se ti preoccupassi quando fuori è buio e io non sono ancora tornata a casa.
Se ti sfogassi con me.
Se mi regalassi un libro.
Se mi scrivessi una lettera.
Se tu volessi andare a fare l’amore in macchina, stasera.
Se mi aspettassi sotto casa ogni domenica.
Se tu mi amassi.
Se ti piacessero i miei capelli.
Se mi prendessi in giro per la mia voce da bambina.
Se piangendo mi confessassi cosa non smetterà mai di farti male.
Se fossi l’unica di cui ti fidi davvero.
Se potessimo mangiare un gelato insieme sul letto.
Se potessimo ubriacarci insieme.
Se tu mi amassi.
Se i miei occhi ti incantassero.
Se la voglia del mio corpo ti tenesse sveglio.
Se tu volessi baciarmi ORA.
Se tu volessi cenare con me.
Se tu volessi svegliarti con me.
Se tu volessi prendere un aereo con me, un treno con me.
Se tu volessi camminare accanto a me.
Se tu volessi baciarmi a Natale.
Se tu volessi baciarmi l’8 di ottobre, il 5 di dicembre, il 6 di febbraio, il 12 di agosto.
Se tu volessi baciarmi sempre.
Se fossi la più piccola, la più fragile e la più dolce per te.
Se fossi la più grande, la più incantevole, la più forte per te.
Se ti stessi simpatica.
Se tu ridessi pensando a me.
Se capissi il mio passato.
Se potessimo andare in America.
Se potessimo andare in Australia.
Se potessimo restare in casa.
Se ti piacessero le mie ciglia.
Se ti piacessero le mie gambe.
Se ti piacesse quello che scrivo.
Se ti piacesse quello che dico.
Se ti piacesse quello che non dico.
Se ti piacesse vedermi crescere..
Se ti piacesse sentirmi cantare.
Se ti piacesse vedermi felice.
Se ti piacessi quanto tu piaci a me.